Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011)
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1919 - 2008
Giovane e ricca signora negli anni Quaranta e Cinquanta, sposata a Milano, vestiva a Parigi. L'adorato Balenciaga, e poi Courrèges e Dior. Anche se c'era sempre qualcosa da adattare. Togliere, soprattutto, semplificare, fare ordine. Riconquistare la linea, la seducente pulizia del taglio, la perfetta gravità del tessuto. Quando toccò a lei, quando le passerelle diventarono sue, tormentò all'infinito gli esperti del lanificio Agnona perché le trovassero il tessuto perfetto, che non dovesse sopportare l'ignominia della fodera – «Sa, non c'era mai quel la giusta, disturbava la linea, costringeva a un dentro e fuori che faceva disordine» – finché non si arrivò alla soluzione del doublé, che Mila Schön rivendica come il suo vero colpo di genio. Alla fine degli anni Cinquanta, inaspettatamente, Mila si era messa a fare moda. Lei, che non avrebbe mai pensato di dover lavorare. Matrimonio e relativo patrimonio erano andati gambe all'aria. A trentacinque anni c'era un ragazzino da crescere in solitudine, (Giorgio, il grande amore della vita, padre dei suoi tre nipoti), l'esistenza da rimettere insieme. C'era la forza di un carattere di ferro, tutto in quegli occhi oblunghi e gelidamente azzurri, c'era uno strepitoso gusto da mettere a frutto, in sintonia con la praticità e il naturale sottotono dell'eleganza milanese: «Anna Bonomi – dice Mila – è sempre stata la perfetta donna Schön». Gli inizi sono un piccolo laboratorio di sartoria e i suoi disegni da principiante, eppure senza un'incertezza, colli e maniche tecnicamente perfetti, pensando a Klimt, ai tagli di Fontana, ai “mobiles” di Calder. Poi l'atelier di via San Pietro all'Orto, e nel ‘66 la prima boutique in via Montenapoleone, a Palazzo Taverna, antica residenza di Carlo Porta. Il successo arriva subito, e cresce vertiginosamente. La prima collezione è a Firenze Pitti, 1965. Mila si commuove fino alle lacrime. È il momento di Ken Scott, dell'esplosione di colori, la sua alta moda invece è così nuova. È il trionfo. Qualcuno parla del Courrèges italiano. Mila è la primadonna della moda italiana. Nel ‘66 l'americano WWD stila la classifica delle signore più eleganti del mondo: la prima e la terza vestono Schön. “La Mila”, le sue camicie candide, i suoi tailleur così “utili” e sensati, i suoi abiti da sera-gioiello incrostati di jais, diventano un punto d'approdo soprattutto per le signore milanesi. Anche quelle che, in disgrazia, le avevano tolto il saluto, e adesso si vantano di conoscerla bene. Suo fratello, il giornalista Nino Nutrizio, direttore del quotidiano La Notte, si presenta spiritosamente come «il fratello della Mila Schön». Le sorelle Lee Radziwill e Jacqueline Kennedy ordinano via cablo da oltreoceano. Mila va almeno un paio di volte l'anno a trovare tutte le sue amiche americane. Veste Donna Marella Agnelli, Mrs. Rockfeller, Ira Fiirstenberg, Farah Diba, principesse, regine e capitane d'industria, ma non è mai lei per prima a rivelare l'identità – «una famosa cantante», dice, o «una signora torinese» – delle sue illustri clienti. Adora soprattutto vestire le milanesi e le milanesi adorano lei, un feeling diretto e immediato. Adora Milano, che a lei continua a sembrare così umana e cortese. Che le somiglia tanto, così fattiva, discreta, workaholic. Solo dal ‘93, quando il marchio è stato ceduto ai giapponesi di Itochu, Mila è riuscita a trovare un po' di tempo per sé. Per il parrucchiere, una mostra, un bridge, per curare il mal di schiena, per un po' di maglia e uncinetto o una passeggiata con gli amati cani Akita Inu. E quando è possibile, per una battuta di pesca con i suoi amici, «quasi tutti maschi». Marina Terragni |