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© Reutlinger, Parigi - archivio fotografico Fondazione 3M, Milano |
La “donna più bella del mondo”, canzonettista e soprano lirico, mito della belle époque europea, nasce a Viterbo il 25 dicembre 1874, motivo per il quale fu battezzata Natalina, poi abbreviato in Lina. Poco dopo la nascita della piccola Lina, la famiglia Cavalieri è costretta a lasciare Viterbo alla volta di Roma in tutta fretta: il padre assistente architetto è licenziato a causa delle molestie rivolte alla moglie del suo principale. A Roma la famiglia non se la passa bene e la giovanissima Lina è costretta a dare un aiuto impiegandosi nei più diversi mestieri: fioraia, piegatrice di giornali presso una tipografia ed infine apprendista sarta. L’abitudine della ragazza a cantare durante il lavoro con una notevole voce spinge la madre a ricorrere ad Arrigo Molfetta, maestro di musica non certo passato alla storia, che si offre gratuitamente di insegnare qualche canzonetta alla oramai adolescente Lina. Del suo debutto vi è un ricordo scritto di suo pugno nel memoriale Le mie verità:
«Avevo quattordici anni [...] la mia buona mamma mi accompagnava a piedi dalla nostra casa di via Napoleone III a Piazza Navona [...] perché eravamo tanto povere da non poterci permettere il lusso di un tram. Del mio ingresso nella vita artistica conservo un confuso ricordo di paura [...] ricordo ancora cosa mi circondava. Orchestra: un piano scordato e flebile. Scena: quattro quinte scolorite ed un fondale strappato e pieno di toppe. Pubblico: eterogeneo, facile all’entusiasmo ed alla sonnolenza. Programma: alcune canzoni ed una farsa. Allorché la sera del mio debutto fui di scena, ricordo che una mano robusta ed inesorabile mi proiettò verso il boccascena illuminato. Non vidi nessuno, tremavo, esitavo, l’introduzione alla mia canzonetta era stata già ripetuta due volte dal sonno lento accompagnatore, dalle quinte mi giungevano sibili imperiosi, minacce sommesse, “Attacca, attacca!”, ma le mie mani, trepide, tormentavano il vestitino, la bocca non riusciva ad aprirsi, la gola serrata dallo spavento non emetteva alcun suono. In quest’attimo terribile intravidi la mia casetta, la necessità, e inconsciamente aprii le labbra, articolai qualche nota. Cessò la musica del piano scordato, un frastuono di mani plaudenti mi scosse, e quasi automaticamente ricaddi tra le quinte. Quando, molti anni dopo la critica dei grandi quotidiani americani rilevava [...] il caldo singulto arrotondante la mia voce, ho ripensato che il mio debutto fu dolente, e che forse quella sera, nella fumosa sala di Piazza Navona, la mia voce ricevette il crisma del singhiozzo, che si confuse per sempre alle mie note appassionate».
Da quel timoroso debutto nel sordido teatrino romano, dove si esibiva per una lira al giorno, la popolarità di canzonettista della Cavalieri sarà in continua ascesa grazie alla maestria vocale, ma anche grazie alla sua notevole bellezza e ad un temperamento focoso. Passò ad esibirsi al teatro Orfeo, per dieci lire al giorno, e poi al teatro Diocleziano per quindici lire. Era arrivato il momento di approdare nel regno italiano dei cafèchantant: Napoli.
E fu a Napoli, al Salone Margherita, sicuramente il traguardo più prestigioso per una canzonettista del tempo, che la Cavalieri raggiunse il primo successo di ampio respiro, ottenendo così il trampolino di lancio per l’Europa.
Da Napoli a Parigi, dove trionfò alle Folies bérgères cantando un programma di canzoni napoletane accompagnata da un’orchestra completamente femminile: tutte chitarre e mandolini.
Il 1900 è l’anno della svolta. Spinta da molteplici pareri favorevoli, Lina decide di passare al canto lirico. Bruciando le tappe e studiando con Maddalena Mariani Masi, si cimenta in Bohème di Giacomo Puccini, nel ruolo di Mimì al teatro San Carlo di Napoli, il 4 marzo dello stesso anno.
Il passo era fatto e Lina Cavalieri era diventata soprano lirico. Da Napoli le si apre una carriera che la porterà nei più importanti teatri lirici d’Europa e d’America, al fianco di nomi celebri della lirica, quali Enrico Caruso e Francesco Tamagno. Importantissimi sono gli ingaggi che la Cavalieri ottiene oltreoceano, per la Metropolitan Opera Company e per la Manhattan Opera Company, dove è nel 1906 protagonista accanto a Enrico Caruso della Fedora di U. Giordano e nel 1907 della Adriana Lecouvreur di F. Cilea.
Lina Cavalieri non era dotata di una voce che oggi diremmo eccezionale, o almeno non era in grado di strappare gli applausi entusiastici delle principali platee mondiali. Il suo successo doveva molto al fatto che la nostra diva incarnava l’esatto prototipo di bellezza femminile della sua epoca, una bellezza trasognata e in grado di sottolineare il carattere delle sue eroine; inoltre la sua presenza scenica e la sua recitazione erano notevoli, e questo, in campo operistico, nell’epoca del verismo rappresentava una carta decisiva.
Ecco il commento dell’influente critico musicale Algernon St. Brenon pubblicato sul Daily Telegraph all’indomani del debutto americano: «Possiede fuoco e varietà di movimento, impulso ed emozione [...] un colpo d’originalità nel gestire la scena [...]. A proposito del canto non ci si può esprimere altrettanto entusiasticamente. A volte le sue note acute sono imprecise, a volte le medie, a volte le gravi; almeno in questo sembra essere imparziale. Parrebbe come se una mezza dozzina di insegnanti di canto avessero lavorato sulla sua voce, conferendole cose buone e cattive [...]. Ma sul palco riesce davvero a dare qualcosa di raro. Nessuno è come lei, con quella faccia da madonna e la sua figura sinuosa e serpentina». Una sera, d’impulso, durante le repliche della Fedora, Lina Cavalieri baciò realmente Enrico Caruso sulle labbra, in scena, ottenendo così il definitivo successo del suo personaggio.
Il 1914 è l’anno dell’addio alle scene; ma Lina non era certo una personalità da rinunciare a far parlare di sé. Negli anni successivi tenta una carriera cinematografica ma questa è forse l’unica attività per la quale deve riconoscere di non essere tagliata.
Nel 1921 si trasferisce a Parigi, dove, sfruttando la fama che la circonda, apre un istituto di bellezza. Un’abile decisione: il salone è frequentato da molte signore incuriosite dal mito di una donna che aveva scatenato passioni di ogni tipo, era stata corteggiata da principi e milionari e la cui vita sentimentale aveva dato la stura a molte voci. È difficile distinguere tra verità e leggende abilmente costruite, come, ad esempio, il numero di proposte di matrimonio ricevute, ben ottocentoquaranta secondo alcuni. Comunque i matrimoni effettivi raggiunsero il numero ragguardevole di cinque, compensato però dalla loro breve durata. Il primo celebrato a Pietroburgo nel 1899 con il Granduca Eugenio di Luchtenberg, dal quale divorziò in fretta, dopo la richiesta di lasciare la vita teatrale. Anche il secondo matrimonio, consumato a Lisbona nel 1900 nientemeno che con il re del Kazan, finisce in un divorzio in seguito all’identico rifiuto di Lina di rinunciare al canto e al teatro. Pare che il sovrano ne fosse disperato a tal punto che, sposata una sosia della Cavalieri, si diede all’alcool e morì prematuramente a quarantanni, dopo aver espresso la volontà di essere sepolto nella città preferita dalla «sua» Lina: Firenze.
Il terzo marito fu un ricchissimo americano conosciuto nel 1907 durante le rappresentazioni di Fedora al Metropolitan, Bob E. Chanel, ma anche lui venne liquidato in una settimana per aver impudentemente pensato di trasformare la cantante in una moglie. Un’immensa quantità di beni, comprendente addirittura tre palazzi, trasmigrò prima del divorzio dal patrimonio dell’americano nelle mani della Cavalieri. Solo il compagno d’arte Pietro Muratore, sposato nel 1914, riuscì là dove altri avevano fallito, farle cioè abbandonare il teatro. Il 26 luglio del 1927 divorziò però anche da quest’ultimo per sposare Giuseppe Camperai, che le fu accanto al momento del ritorno in Italia e nella vecchiaia, allorché la vita di Lina Cavalieri divenne simile a quella di tante altre oculate amministratrici.
La storia dei fans e degli appassionati della Cavalieri meriterebbe un capitolo a parte. Tra i tanti gustosi aneddoti sulle follie maschili che accompagnarono il successo della Cavalieri come non ricordare quello che vede, all’inizio del ‘900, la diffusione del famoso aperitivo Campari nel mondo e le toumées della Cavalieri intrecciarsi strettamente? Il giovane Davide Campari, figlio di Gaspare, cui si deve la creazione dell’aperitivo, era infatti uno degli innamorati più ardenti di lei. Per giustificare le sue fughe al seguito della Cavalieri, il giovane Davide usa con la famiglia un abile stratagemma, quello della ricerca di contatti esteri per smerciare il prodotto. Nei suoi viaggi Davide Campari instaurò davvero proficui rapporti con il mercato estero, ma, a quanto pare, non ottenne mai il favore della sua stella cantatrice.
Un’altra presenza indiretta ma importante nella folta schiera degli appassionati è il famoso designer Piero Fornasetti. Il viso serigrafato che ricorre nelle realizzazioni di Fornasetti, e che costituisce la cifra distintiva delle sue opere, altro non è che un ritratto di Lina Cavalieri preso da una rivista del tardo ‘800.
Mentre l’immagine della Cavalieri è reperibile in moltissime fotografie d’epoca, la sua voce è preziosamente conservata nelle poche incisioni superstiti, effettuate in America per la Columbia. Nonostante la riproduzione risulti non fedelissima per i limiti tecnici e per i danni inevitabili del tempo, si intuisce chiaramente un timbro morbido di soprano drammatico, con un ampia possibilità nel registro di petto, che la farebbero sembrare a volte un mezzosoprano addirittura. Comunque su tutto emerge eleganza d’emissione e fraseggio.
Negli ultimi anni della vita Lina Cavalieri si ritirò in una villa nei pressi di Rieti, dove aveva raccolto i numerosi cimeli della sua vita professionale, in compagnia del suo unico figlio. In quel periodo dettò al giornalista Paolo D’Ariani le sue memorie. Il carattere singolare e avventuroso delle sue vicende suggerirono alla casa produttrice Paramount un film sulla sua vita. L’avvento della seconda guerra mondiale fece cadere il progetto e costò la vita alla Cavalieri che morì nella sua bella villa di Fiesole, in occasione di un bombardamento aereo il 6 marzo del 1944.
Alessandro Quarta