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Primogenita di dieci figli, di famiglia contadina, assume presto le fatiche dei campi, in cui, adolescente, mette alla prova la resistenza degli altri operai, che non vogliono essere battuti da una ragazza simpatica e volitiva.
La sua attività nasce da un vivo senso di responsabilità, comune nell’ambiente, che la porta a occuparsi dei fratellini, ma scaturisce anche dall’apertura alla vita spirituale, che risveglia in lei la consapevolezza della propria dignità e l’urgenza di dedicarsi agli altri.
Maria però non è tutta negli interessi immediati. Supera il raggio dei rapporti parentali, sa liberare spazi di tempo e così partecipa al primo nucleo di Figlie di Maria Immacolata. Le letture e la preghiera sono connesse all’apostolato tra le fanciulle e i malati, tanto che alcune ragazze pensano di consacrarsi a Dio, pur restando nelle proprie famiglie.
Maria, vincendo la voglia di imporsi e apparire, nel 1860 cura dei parenti ammalati di tifo e lo contrae, arrivando in fin di vita. Sopravvive, ma ormai la sua fibra robusta è minata, cessa il senso di sicurezza quasi spavalda e deve pensare a nuovi progetti: impara a cucire dal sarto, più bravo della sarta, e poi, con l’amica, Petronilla, apre un laboratorio per accogliere ragazzine a cui insegnare un mestiere aiutandole a preparasi alla vita adulta nell’ottica dei valori cristiani.
La conoscenza di don Bosco, dedito ai ragazzi poveri di Torino, le fa intuire prospettive più larghe e pratiche comuni: anche lei si preoccupa di non stancarle con lunghe preghiere, ma di tenerle allegre, attirandole alla virtù e insieme a guadagnarsi onestamente la vita. Così matura il distacco dalla famiglia, per dar vita a un piccolo orfanotrofio insieme al laboratorio, dove occorre pensare a tutto, dal cibo all’amicizia, dal lavoro al non lasciarsi turbare dalle dicerie.
Non conoscono suore a Mornese, ma quando don Bosco le propone di diventarlo, Maria aderisce insieme ad alcune altre. Così si spacca il gruppo delle Figlie di Maria Immacolata. In più, i paesani hanno costruito un collegio, lavorando di domenica e rimettendoci il materiale di costruzione, nella prospettiva che sarebbe stato per i ragazzi. Invece don Bosco, ispiratore dell’impresa, cambia i destinatari. In quel collegio s’insedia il gruppo di Maria Domenica, il 23 maggio 1872, di notte, con le fanciulle del laboratorio. Cresce malumore e delusione, ma intanto il 5 agosto 1872, con la professione religiosa di 11 giovani, nasce l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, di cui Maria è la prima superiora.
Diventare suore, e con una chiara intenzionalità educativa, non di élite, significa un salto che sfida le sicurezze: le religiose devono imparare a parlare tra loro in italiano per insegnarlo anche alle ragazze e quindi, a cominciare da Maria, tutte si mettono dietro i banchi di scuola. Ella, di istruzione minima, ma intelligente e saggia, colta nello spirito, sostiene le sue suore che studiano per diventare maestre, senza paura che si insuperbiscano, ma non crea differenze di trattamento tra le istruite e le altre. Nello spirito di famiglia, la vocazione religiosa accomuna tutte nella stessa dignità e responsabilità educativa, puntando su una religiosità convinta e propositiva più che repressiva o riparatoria. Le stesse suore animano le ricreazioni e diventano amiche delle ragazze.
L’educazione delle italiane da costruire non è l’unica sfida, anche uscire di casa con un abito uniforme significa identificarsi in modo alternativo. Per la propaganda di don Bosco arrivano le educande e le prime maestre. I confini si dilatano improvvisamente con la prima spedizione missionaria dei salesiani in America meridionale, nel 1875: molte suore cominciano a imparare lo spagnolo e a riconoscere i profili della geografia, preparandosi a partire.
Le 68 lettere superstiti di Maria manifestano una schietta capacità di incontro e di cura di una grande famiglia: senza indugio, ma anche senza avventatezza, la Madre manda le suore a fondare numerose comunità e a dirigerle. Sono donne spesso molto giovani, che affinano capacità impensate in nome di un amore che le spinge lontano. La Mazzarello vigila affinché siano ben formate, rette, le invita a fare «con libertà tutto ciò che richiede la carità».
Da contadina a Cofondatrice di un grande Istituto educativo, è riconosciuta santa dalla Chiesa nel 1951.
Grazia Loparco