|
|
© foto Rodrigo Pais/F&M, Roma |
Due vite si intrecciano, insidiandosi reciprocamente nella lunga esistenza di Maria Bellonci: quella della scrittrice e quella della patronne del Premio Strega. Maria Villavecchia nasce a Roma all’inizio del secolo da una famiglia piemontese.
Per le monache di Trinità dei Monti, è un’alunna brava, ma difficile. Finiti gli studi classici, la ragazza che a scuola si ribellava ai lavori di cucito, si fidanza con Goffredo Bellonci, un giornalista colto, in grado di star le a fianco e di guidarla. Si sposano nel 1928. La sposa in raso bianco ha quattro veli di strascico. «Ero molto carina? Mi pare di sì. Snellissima, bruna, con vitino». Eppure, anche in quelle foto i lineamenti forti di Maria non sembrano mai belli.
Il primo risultato del sodalizio sentimentale e letterario con Goffredo è Lucrezia Borgia (1939), una bella biografia che scava tra le corti italiane del Rinascimento con uno stile nuovo, poco accademico. La Bellonci ha senza dubbio un felice rapporto con i premi letterari perché, ancora prima di crearne uno, ne vince un altro, il Premio Viareggio, con il suo libro d’esordio. Molte edizioni e numerose traduzioni straniere confermano il successo dell’opera.
Nel 1944 iniziano le riunioni di amici – scrittori, giornalisti e poeti – che trasformeranno casa Bellonci in un salotto letterario. Il premio Strega debutta nel 1947. Un industriale amico di Maria, Guido Alberti della ditta Strega, fornisce la base economica al premio. Nello stesso anno escono I segreti dei Gonzaga, una efficace parabola sul potere. Il 1964 è un anno terribile. Fin dall’inizio oscuri presentimenti turbano Maria, poi la conferma dei timori con la morte di Goffredo. Maria ne rimane “folgorata”. L’anno seguente esce un libro diverso, Pubblici segreti, ricognizione tra pubblico e privato. La Bellonci cerca di ingannare il vuoto lasciato dal marito scrivendo su molti giornali e dirigendo il Pen Club.
L’immagine pubblica della Bellonci è molto diversa da quella privata. L’orgogliosa, umorale organizzatrice dello Strega diventa in privato un’amica intelligente, generosa ed attenta.
Come un racconto gli anni del premio Strega, pubblicato nel 1971, è un’autocelebrazione, una rivisitazione nostalgica di anni e atmosfere ormai lontani. L’anno seguente Tu, vipera gentile è una sperimentazione letteraria, in cui tre diversi racconti esplorano la delicata zona in cui, nel Rinascimento, il potere travalica i confini della legalità. Nel 1980 uno dei tre, Delitto di stato, passerà sugli schermi della Rai.
Intanto Maria tiene a bada il dolore della morte di tanti amici – da Piovene alla Banti, da Elsa Morante a Italo Calvino – immergendosi nel difficile compito dell’edizione del Milione di Marco Polo, uscito nel 1982. Inizia a lavorare all’alba, ancora a letto, circondata di libri e dizionari. Marco Polo, una breve biografia romanzata conclude quell’avventura mentale.
La cornice dello Strega è rimasta intatta. La casa di via Fratelli Ruspoli, nel quartiere romano dei Parioli, è quella di una volta, quattro stanze piene di libri, ma basta leggere i nomi degli ultimi vincitori per accorgersi che il premio è invecchiato insieme alla sua creatrice. Le torte che vengono spartite ogni anno non sono più quelle del 1944 – una alla crema e l’altra al cioccolato – ma quella di poteri editoriali tanto più prepotenti, quanto più debole è la qualità dei concorrenti.
È ora di scrivere il complesso romanzo cui pensa da anni. La Bellonci lavora alacremente, cercando di battere sul tempo la morte che si avvicina. È Rinascimento privato (1985) che riceverà, dopo la morte dell’autrice, il Premio Strega.
Giuseppe Scaraffia