|
|
Gianna Beretta con la figlia Mariolina nel giardino di Ponte Nuovo, 1958 |
Mancavano pochi giorni al parto. Il quarto figlio era in arrivo. Lei si aggirava per la casa riordinando silenziosa ogni angolo, ogni cassetto: come una donna che si preparasse a partire per un lungo viaggio. II marito, Pietro, la osservava attento e preoccupato.
Ma non osava chiedere nulla, o chiedere perché. Gianna Beretta Molla, nata a Magenta, in Lombardia, nel 1922, morta nel 1962, a quarant’anni, pochi giorni dopo avere messo al mondo la quarta figlia, Gianna Emanuela. Gianna come lei, Emanuela perché significa “Dio è con noi”. Gianna Beretta Molla è morta per un fibroma maligno non curato pur di portare a termine la gravidanza. Aveva detto al marito, prima di un intervento decisivo, che se occorreva scegliere, scegliessero il bambino. Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 24 apri le del 1994.
La storia di questa donna, almeno fino agli ultimi giorni – e forse, nonostante il dramma, anche negli ultimi giorni – sembra la storia di una donna felice. Decima dei tredici figli di una famiglia profondamente cattolica, un fratello missionario in Brasile e una sorella suora in India, si laurea in medicina, si specializza in pediatria ed è sul punto di andare in missione a sua volta, quando conosce Pietro Molla, giovane ingegnere e militante di Azione Cattolica.
Molti anni dopo il marito ricorderà «la radiosa estate del fidanzamento» e «la gioia di vivere» che la futura moglie gli tra smetteva. Si sposano nel 1954. Tra il ‘57 e il ‘59 nascono tre figli: Pierluigi, Mariolina, Laura. La gioia è fissata nelle molte istantanee che colgono la famiglia; lei sembra la donna più felice del mondo. Lo confermano le numerose lettere, quasi una al giorno, che scrive al marito quando lui è in viaggio per lavoro. La testimonianza rara di una coppia profondamente legata, profondamente cristiana, e molto felice.
Le prime tre gravidanze non sono state facili. Ma quando nel 1961 Gianna si scopre di nuovo incinta, fin dai primi controlli emerge la presenza di un grosso fibroma uterino di natura maligna. Viene asportato, ma le cure sono incompatibili con una gravidanza. Lei ormai è quasi al terzo mese e non ha esitazioni, vuole quel figlio. Lo ripete espressamente al marito, come in un testamento: nel caso sia necessario, scegliete lui.
Prega, tuttavia, di salvarsi per abbracciare ancora gli altri suoi tre figli. Scrive a un’amica: «Puoi immaginare come in questi giorni il mio pensiero sia sempre rivolto ai miei carissimi tesori». (Forse è l’idea di abbandonare loro, i tre figli ancora piccolissimi, il sacrificio più grande, più della stessa vita). E tuttavia dentro di sé aveva quell’altro, che voleva portare alla luce. Il 21 aprile con un cesareo nasce Gianna Emanuela. Salvare la madre ormai è impossibile. Muore dopo una settimana, il 28 aprile, invocando il nome di Cristo.
Ha lasciato scritto: «Ogni vocazione è una vocazione alla maternità: fisica, spirituale, morale, perché Dio ha posto in noi l’istinto della vita. Prepararsi alla propria vocazione è prepararsi a dare la vita».
Marina Corradi