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© Farabolafoto, Milano |
Nel cuore dell’Appennino toscano le piste intitolate a Celina Seghi ricordano agli sciatori di oggi i meriti dell’unica sciatrice italiana che negli anni ‘40 del Novecento ha dominato le scene internazionali.
La carriera di Celina Seghi, la piccola first lady del discesismo azzurro, si è sviluppata nell’arco di quasi vent’anni. Ultima di nove figli, sei maschi e tre femmine, Celina mette prestissimo gli sci ai piedi seguendo l’esempio dei fratelli. A 11 anni ottiene la prima vittoria in un campionato provinciale: il suo primo, severissimo allenatore, che diventerà poi tecnico federale, è il fratello Gino. E a lui che la giovane Celina deve i primi successi agonistici, anche se il rapporto tra i due fratelli spesso è reso difficile dagli aspri rimproveri di Gino che non consente alcuna, minima deroga ai programmi di allenamento cui sottopone la sorella.
Nel 1934 quando partecipa ai suoi primi campionati italiani al Sestriere, classificandosi terza sia in slalom che in discesa, Celina Seghi si presenta come una minuta ragazzina alta solo 1,52 per appena 40 chili. Ma se ancora nel 1936, pur ottenendo il secondo miglior tempo alle selezioni per i giochi olimpici, la sciatrice toscana viene considerata troppo giovane, a 17 anni Celina Seghi si prende una meritata rivincita: a Selva Valgardena, nel 1937, si aggiudica i titoli italiani di discesa, slalom e combinata.
Nel 1941 ai mondiali di Cortina sotto una fitta nevicata vince il titolo nello slalom speciale; sfortunatamente la manifestazione perde la sua validità mondiale per l’assenza di alcuni paesi a causa della guerra. L’attività internazionale riprende quindi nel 1947.
Dopo aver partecipato ai giochi olimpici di Saint-Moritz del 1948 aggiudicandosi il quarto posto in discesa e in combinata, nel 1949 Celina disputa la sua gara più bella a St. Anton, dove si batte per la conquista del distintivo d’oro del Kandahar. È in questa occasione che la sciatrice mostra grande coraggio e determinazione: il primo giorno della competizione cade a metà della discesa, si rialza e giunge quinta; il giorno seguente, pur avendo riportato un’incrinatura all’omero sinistro, disputa lo slalom con una fasciatura rigida e la febbre alta. Un’iniezione di novocaina per calmare il dolore.
All’arrivo, Celina scopre che i cronometri si sono congelati ed è costretta a ripetere la prova; la nuova discesa si conclude con il salto di una porta. Contro ogni regolamento che imporrebbe la squalifica, i giudici consentono all’atleta italiana di ripetere per la terza volta la gara: con una nuova iniezione di novocaina Celina Seghi riparte, ottenendo finalmente il terzo posto e conquistando il prestigioso distintivo di cui solo pochissimi sciatori al mondo si sono fregiati.
Negli anni successivi i successi internazionali continuano. Ai Mondiali di Aspen, in Colorado, nel 1950, la Seghi è l’unica donna della squadra italiana affidata ad Otto Menardi, noto tecnico cortinese esperto nello studio e nella preparazione delle piste sciistiche. Nel 1952 ai giochi di Oslo si classifica quarta in speciale, sedi cesima in discesa e settima in gigante.
Due anni più tardi ai Mondiali di Are, in Svezia, giunge nona nello speciale, ventunesima nel gigante, ventitreesima in discesa. Ormai la carriera agonistica durante la quale ha raggiunto il record di 25 titoli nazionali assoluti, volge al termine. A 35 anni la discesista toscana decide di ritirar si. Sposata con un medico nel 1972, vedova, risiede a Pistoia. A tutt’oggi, Celina Seghi resta la più titolata fra tutti gli sciatori italiani.
Alessandra Antinori