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Eventi » L’Italia centrale tra Villafranca e i plebisciti  
 


 

 
Anonimo - La tavola contiene una composizione di figure risorgimentali (Cavour, Manfredo Fanti, Garibaldi, Cialdini, Vittorio Emanuele II, Farini, il principe di Carignano, Ricasoli) impegnati a giurare su un'ara sacra contrassegnata dallo stemma sabaudo e dal motto "L'Italia degli italiani" - litografia - Museo centrale del Risorgimento - Roma  

Le notizie relative alla Villafranca">pace di Villafranca destarono grande allarme tra la popolazione dell'Italia centrale. In Toscana, alcuni giorni dopo la partenza del commissario piemontese Boncompagni, che prima di lasciare Firenze aveva ceduto i suoi poteri a Bettino Ricasoli, si svolsero le elezioni dell'Assemblea.

Composta in maggioranza da moderati e da uomini della Società Nazionale, essa affrontò nel giro di pochi giorni due questioni di fondamentale importanza, deliberando per entrambe all'unanimità: il 16 agosto dichiarò decaduta per sempre la sovranità dei Lorena, rifiutando così di attuare la clausola dei preliminari di Villafranca, e non attribuendo valore all'abdicazione, risalente al 21 luglio, di Leopoldo II a favore del figlio Ferdinando; il 20 agosto approvò l'annessione al Piemonte.

Anche nei Ducati e nelle Legazioni, tra luglio e agosto, si formarono governi con poteri quasi dittatoriali e furono elette assemblee che proclamarono la decadenza dei vecchi regimi e l'annessione al Regno di Sardegna.

Sia a Modena sia a Parma questo passaggio fu gestito da Luigi Carlo Farini che, assunta il 28 luglio la carica di dittatore delle provincie modenesi su proposta del municipio, venne chiamato anche a Parma il 18 agosto, quando divenne ormai chiaro che Francesco Giuseppe non era più propenso, coma a Villafranca, a permettere l'annessione di Parma al Piemonte.

Così, tra la fine di agosto e l'inizio settembre, anche le assemblee elette nei due Ducati approvarono deliberazioni molto simili a quelle toscane, rendendo sempre più palese la difficoltà di riportare semplicemente l'Italia centrale allo status quo ante. Tanto più che anche nelle Legazioni, dove la situazione era certamente più delicata trattandosi di possedimenti pontifici, le cose procedettero più o meno nello stesso modo.

 


 

  Parma. Published by the Society for the Diffusion of Useful Knowledge, 59 Lincolns Inn Fields, February 1st. 1840. (London: Chapman & Hall, 1844)

A Bologna, infatti, dove pure alla partenza del commissario piemontese i moderati avevano ottenuto l'elezione a governatore di Leonetto Cipriani, amico di Napoleone III, il 6 e il 7 settembre l'Assemblea presieduta da Marco Minghetti affermò che la popolazione delle Romagne non voleva più essere soggetta al governo temporale pontificio e preferiva unirsi al costituzionale Regno di Sardegna.

Nel corso del mese di settembre, quando le deputazioni della Toscana, di Modena, Parma, e delle Romagne presentarono a Vittorio Emanuele II i voti di annessione, egli si trovò nella difficile condizione di non poter urtare il governo di Parigi, contrario per il momento all'ampliamento del Piemonte, ma di non voler correre il rischio di imprimere un grave colpo al sentimento nazionale italiano e al prestigio goduto tra i patrioti della dinastia Savoia.

Così, dopo aver consultato Napoleone III, il re di Sardegna approvò formule di risposta nelle quali, assumendo una posizione media, affermava semplicemente che si sarebbe fatto carico dei desideri espressi dalle popolazioni dell'Italia centrale di fronte alle potenze europee.

Ancora nel novembre, in ogni caso, il principe di Carignano dovette rifiutare la nomina a reggente delle quattro province centrali, offertagli dalle assemblee di Parma, Modena, Bologna e Firenze, come passo intermedio verso l'annessione al Piemonte, per non indispettire ulteriormente Napoleone III, manifestatosi assolutamente contrario a quella deliberazione. Su suggerimento di Cavour egli nominò però suo rappresentante Boncompagni, che assunse il titolo di governatore delle province collegate dell'Italia centrale.

Ritornato Cavour al governo nel gennaio del 1860 e mutata la situazione internazionale in senso più favorevole grazie anche al benevolo atteggiamento inglese, l'11 e il 12 marzo furono indetti in Emilia e Toscana i plebisciti a suffragio universale. L'esito fu per una schiacciante maggioranza a favore dell'annessione alla monarchia sabauda.

Tra il 18 e il 22 marzo le due regioni furono dichiarate parte integrante del Regno di Sardegna. Contemporaneamente un accordo franco-piemontese decise la sorte di Nizza e Savoia, cedute a Napoleone III in ottemperanza ai desideri da lui manifestati già a Plombières.

In un clima di tensione e di rammarico per la perdita di due regioni molto care allo stesso Vittorio Emanuele, il 15 e il 22 aprile si svolsero anche in quei territori plebisciti che diedero ampie maggioranze per l'annessione alla Francia.

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