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A partire dal giugno 1833, Mazzini, esule a Ginevra, riprese i preparativi per un'azione dall'esterno contro il Regno sardo, progettando una spedizione in Savoia e un colpo di mano insurrezionale a Genova. Ottenuti fondi da alcuni ricchi esuli lombardi, egli cominciò a reclutare forze tra gli italiani, i polacchi e i tedeschi residenti in Francia e in Svizzera, e scelse di affidare il comando militare della spedizione a Gerolamo Ramorino, generale nell'esercito piemontese, esule dal 1821.
Accettato l'incarico nell'ottobre, con l'impegno di organizzare una legione di un migliaio di uomini, Ramorino partì però per Parigi, tornando a Genova senza alcuna legione il 31 gennaio 1834, a pochi giorni dalla data stabilita per l'avvio della spedizione, e dopo aver sperperato al tavolo da gioco tutto il denaro messo a sua disposizione.
Benché Mazzini avesse nel frattempo raccolto alcune centinaia di uomini e svolto un lavoro preparatorio in Savoia, il governo piemontese, insospettito dai movimenti degli esuli ai confini sabaudi, aveva preso le necessarie misure di sicurezza. Proprio al momento di dare il via alla spedizione, poi, i governi cantonali di Ginevra e di Vaud, preoccupati che un'eccessiva tolleranza potesse avere ripercussioni sul piano internazionale, disarmarono la colonna costituita da polacchi e tedeschi. Al luogo di concentramento della spedizione non si trovarono così più di duecento uomini. Nonostante le insistenze di Mazzini, Ramorino si rifiutò allora di procedere oltre e la spedizione si sciolse il 3 febbraio 1834; un secondo gruppo di patrioti, penetrato in Savoia da Grenoble, fu quindi respinto dai carabinieri. Fallita miseramente la spedizione in Savoia, svaniva anche il progetto del moto di Genova, alla cui preparazione aveva, peraltro, partecipato Giuseppe Garibaldi. Galleria immagini
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