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Firenze, 1792 – ivi, 1876
Nel 1813 fu inviato in deputazione a Parigi a fare omaggio a Napoleone, insieme con altri quattro notabili fiorentini. Tornato il granduca, fu scelto cavaliere di compagnia del principe di Carignano (1817). Ma sottrattosi alla vita di corte, intraprese viaggi dapprima in Italia (1816-1818), poi (1818-1820) all'estero, in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, Germania, Svizzera, ove tornò nel 1825 per studiarvi le istituzioni educative. Tornato a Firenze, vi trascorse il resto della sua vita, dedicata agli studî, ai lavori di accademie cittadine, a promuovere istituzioni di beneficenza e di cultura (nel 1827 il «Giornale Agrario Toscano», nel 1836 la «Guida dell'Educatore», diretta da Raffaello Lambruschini; nel 1829 con Cosimo Ridolfi e Lambruschini fondava la prima Cassa di risparmio di Firenze) contribuendo non poco a rivitalizzare la vita culturale della inerte Toscana granducale. Notevolissima la sua importanza per la storia della cultura toscana di questo periodo: fu amico di Nicolò Tommaseo, di Giovan Pietro Viesseux, che tradusse in atto molte iniziative promosse da Capponi. Moderato per istinto, esercitò una grande influenza politica, col consiglio e l'incitamento. Promulgato lo Statuto toscano, fu senatore, e, caduto il ministero Ridolfi, accettò, per senso del dovere, la presidenza del Consiglio (17 agosto - 27 ottobre 1848). Di questa parentesi politica narrò egli stesso la storia, con equilibrio e arguzia, dopo di che ritornò agli studî, appartandosi sempre più. Dopo l'annessione della Toscana, fu senatore del Regno. Delle sue opere, la più vasta è, certo, la Storiadella Repubblica di Firenze (2 voll. 1875), ma la maggior parte della sua attività letteraria si esplicò soprattutto in saggi (Sulla dominazione dei Longobardi in Italia, 1844 e 1859; Cinque letture di economia toscana, 1845). Le opere che meglio rivelano l'altezza del suo ingegno sono rimaste allo stato di abbozzo (Storia di Pietro Leopoldo; Saggio sull'istoria del cristianesimo nei primi due secoli, postumi, 1877); così il mirabile Frammento sull'educazione (1841, pubblicato nel 1845), che è il suo capolavoro. In quest'ultimo scritto Capponi, sorretto da uno squisito senso psicologico, congiunto a un sano scetticismo, critica in quanto esempio di illusione pedagogica ogni tentativo di predeterminare dall'esterno il libero svolgimento dell'attività spirituale. Il suo atteggiamento polemico nei riguardi di Rousseau in particolare era fortemente determinato dalle obiezioni opposte al naturalismo di tipo illuministico, combattuto dal Capponi in nome dello spiritualismo cristiano. Importante per capire la figura di Capponi è il suo epistolario, documento essenziale per la storia spirituale d'Italia nel Risorgimento. Nei Pensieri sull'educazione, composti tra il 1837 e il 1841, Capponi esponeva le sue teorie pedagogiche. Ne riproduciamo alcune pagine in cui l'autore si domandava se, nella formazione dei fanciulli, l'educazione privata, affidata alle famiglie, fosse da preferire a quella pubblica, affidata alle scuole statali. In realtà, come si può leggere nel brano che segue, le considerava entrambe importanti giacché, spiegava, l'una «educa il cuore», l'altra «insegna la vita». G. Capponi, Pensieri sull'educazione, con introduzione e note di A. Gambaro, Bari, Laterza, 1955, pp. 137-144.
Lettera di Capponi a Cesare Balbo Il fallimento della rivoluzione del 1848 produsse in Capponi uno stato d'animo di amarezza, come testimonia questa sua lettera del 26 marzo 1850 a Cesare Balbo. Accanto ad amare considerazioni sulla situazione politica italiana, Capponi trovava tuttavia conforto nel fatto che il Piemonte, unico fra i diversi Stati della penisola, aveva conservato le istituzioni liberali. Lettere di Gino Capponi e di altri a lui, raccolte e pubblicate da A. Carraresi, III, Firenze, Le Monnier, 1884, pp. 5-6. Galleria immagini
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