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Firenze, 1809 – Brolio, 1880). Uomo politico
Membro dell'Accademia dei georgofili (1834), nutrì fin da giovane interessi scientifici e dal 1838 si dedicò al miglioramento delle tecniche agricole nei suoi possedimenti di Brolio. Legato agli ambienti del liberalismo toscano, nei quali si agitavano profonde tematiche morali e religiose, Ricasoli fu amico di Raffaello Lambruschini e a partire dalla prima metà degli anni Trenta si avvicinò al gruppo dell'«Antologia» di Gino Capponi e Giovan Pietro Vieusseux. L'aspirazione alla riforma religiosa, il rinnovamento morale ed economico delle campagne, l'impegno educativo sono elementi costitutivi del milieu liberale toscano e si ritroveranno nelle scelte politiche di Ricasoli degli anni Sessanta e Settanta. Nel febbraio 1846 intanto, Ricasoli fu tra i firmatari di un memoriale indirizzato al granduca Leopoldo II per esortarlo a muoversi sulla strada delle riforme e della monarchia costituzionale; nel 1847 fondò a Firenze, insieme a Vincenzo Salvagnoli e Raffaello Lambruschini, il giornale «La Patria». Avversario di Francesco Domenico Guerrazzi, dopo i moti del 1848-1849 fu favorevole al ritorno del granduca ma, deluso dal ricorso di quest'ultimo all'esercito austriaco, si ritirò dalla vita politica, dedicandosi all'amministrazione delle sue terre. Nel 1859, dopo la fuga del granduca, Ricasoli accettò la carica di ministro dell'Interno nel governo creato dal commissario straordinario Carlo Boncompagni e fondò il quotidiano «La Nazione». Dopo l'Villafranca">armistizio di Villafranca e il ritiro di Boncompagni, assunse il potere e portò a compimento l'annessione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele II. Capo della maggioranza parlamentare del nuovo Regno d'Italia, alla morte di Cavour divenne presidente del Consiglio (1861), ricoprendo anche la carica di ministro degli Esteri e, dopo le dimissioni di Minghetti, quella di ministro degli Interni. Alla guida del governo, Ricasoli si impegnò a combattere il brigantaggio e cercò di risolvere pacificamente la questione romana, a suo giudizio strettamente legata a un rinnovamento spirituale della Chiesa. A questo scopo riprese le trattative con la Francia, proponendo al governo di Parigi di farsi mediatore di una conciliazione tra l'Italia e il papato. Inviso al re, favorevole ad affrontare prima la questione del Veneto, e attaccato dai conservatori più estremi per la sua tolleranza verso le associazioni democratiche, nel marzo 1862 Ricasoli si dimise. Ritornato al potere nel giugno 1866, a guerra già dichiarata all'Austria, lottò senza successo per avere il Trentino e per eliminare l'umiliante clausola della cessione del Veneto all'Italia tramite la Francia. Nel 1867 riprese la sua politica di pacificazione con il papato e promosse un progetto di legge sulla libertà della Chiesa e la liquidazione dell'asse ecclesiastico, basato sul principio della separazione tra Chiesa e Stato. Criticato sia dai laici sia dai clericali, si dimise nell'aprile del 1867. Rimasto fedele al suo programma, nel 1876 appoggiò in Parlamento l'approvazione della legge delle guarentigie. Galleria immagini
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