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Torino, 24 novembre 1793 – Roma, 21 settembre 1862
Fratello di Massimo e di Roberto, si chiamava originariamente Prospero, ma assunse il nome di Luigi quando, nel novembre 1814, entrò nella Compagnia di Gesù. Ricevuti incarichi d'insegnamento e direttivi nei collegi di Novara (sino al 1824), Roma (1824-1829), Napoli (1829-1833) e Palermo (1833-1850), pubblicò i suoi primi articoli filosofici nella rivista napoletana «La Scienze e la Fede», e tra il 1841 e il 1843 diede alle stampe un Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, che, riproducendo in versione aggiornata le dottrine più ortodosse della filosofia scolastica, ebbe notevole successo tra i cultori della filosofia del diritto. Il suo scritto sulla Nazionalità, comparso alla fine del 1846 ma destinato originariamente ad essere inserito in una ristampa del saggio già citato, sembrò voler compiacere gli austriaci, e per questo attirò le critiche dei fratelli Massimo e Roberto nonché di Vincenzo Gioberti, conosciuto a Torino in gioventù. Fiducioso, intorno al 1847, della possibilità di trovare un punto di contatto con il liberalismo moderato, l'anno successivo fu inizialmente favorevole al programma autonomistico dei rivoluzionari palermitani, e compose un saggio, per lungo tempo inedito, sui principi e le forme organizzative della società. Successivamente venne però perseguitato in quanto gesuita, e, in seguito allo scioglimento della Compagnia decretato nel settembre 1848, costretto a fuggire per breve periodo in Piemonte e a Marsiglia. Risoluto avversario delle idee liberali in seguito ai moti del 1848-1849, sottopose la politica piemontese a una critica serrata, e, cogliendo l'inconciliabilità tra le aspirazioni nazionali della penisola e le posizioni storiche della Chiesa, si dimostrò tenace difensore della tradizione cattolica e delle posizioni della politica vaticana. Nel 1850 fu chiamato, prima a Napoli e poi a Roma, a far parte della redazione del nuovo periodico la «Civiltà Cattolica», che iniziò le pubblicazioni il 6 aprile di quell'anno: ne fu redattore per le questioni filosofiche e sociali, e ne sarebbe diventato direttore negli ultimi anni della sua vita, scrivendo oltre duecento articoli, raccolti in parte nell'Esame critico degli ordini rappresentativi nella società moderna, pubblicato nel 1854. Contribuì alla restaurazione del tomismo nelle scuole ecclesiastiche. Schede collegate: cultura antirisorgimentale A Gioberti in difesa dei gesuiti Nella lettera che qui si presenta, scritta a Gioberti il 15 giugno 1845, padre Taparelli d'Azeglio si duole delle accuse rivolte ai gesuiti nei Prolegomeni e respinge le lodi che in quell'opera Gioberti aveva diretto a lui personalmente. Si noti che l'ultima parte della missiva sarebbe stata pubblicata in una nota del Gesuita moderno. Carteggi del P. Taparelli d'Azeglio della compagnia di Gesù, pubblicati a cura di P. Pirri, Torino, Topografia Artigianelli, 1932, pp. 167-171.
Al fratello Massimo sui casi di Romagna Nella lettera, scritta al fratello Massimo nell'aprile 1846, Luigi Taparelli sostiene che il tono aspro degli Ultimi casi di Romagna non avrebbe giovato alla causa italiana e che l'esortazione alla ribellione in esso contenuta avrebbe determinato diffidenza nei principi e continua irrequietezza nel popolo. Carteggi del P. Taparelli d'Azeglio della compagnia di Gesù, pubblicati a cura di P. Pirri, Torino, Topografia Artigianelli, 1932, pp. 182-185.
La rivoluzione palermitana del 1848 Nella lettera che segue, indirizzata al fratello Massimo il 21 gennaio 1848, padre Taparelli d'Azeglio dà notizie della rivoluzione scoppiata a Palermo il 12 gennaio, inizialmente da lui sostenuta, e sottolinea il contegno tenuto dai gesuiti nelle nuove circostanze. Carteggi del P. Taparelli d'Azeglio della compagnia di Gesù, pubblicati a cura di P. Pirri, Torino Topografia Artigianelli, 1932, pp. 243-244.
L'articolo apparve nel «Pensiero della Nazione», il giornale di cui fu direttore e proprietario il gesuita Luigi Previti, ma a cui collaborarono anche giovani laici di tendenze liberali, che uscì a Palermo dal gennaio al marzo 1849. In esso l'autore si rivolge direttamente al popolo siciliano, invitandolo a dimostrarsi sapiente, giusto, coraggioso e zelante. G. De Rosa, I gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del 1848, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1963, pp. 189-191.
Nella lettera che segue, scritta a neanche un mese dall'uscita del primo numero della «Civiltà Cattolica», Luigi Taparelli d'Azeglio si scaglia contro la proposta di legge Siccardi che prevedeva l'abolizione del foro ecclesiastico, già avversata da Balbo in Parlamento. Carteggi del P. Taparelli d'Azeglio della compagnia di Gesù, pubblicati a cura di P. Pirri, Torino, Topografia Artigianelli, 1932, p. 296. Galleria immagini
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