Il Risorgimento e l'Europa
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Il principio del “non intervento” Con la rivoluzione del luglio 1830 in Francia, dove si era vista l'affermazione di una monarchia liberale, venne proclamato il principio del “non intervento” seguendo, pertanto, una direttiva politica antitetica a quella proclamata dalla Santa alleanza. In Italia, dove l'influenza francese aveva contribuito a suscitare i moti liberali, la nuova dottrina del “non intervento” rimase, però, soltanto un'affermazione di principio e la Francia non impedì all'Austria di intervenire per reprimere i moti del marzo 1831. Il documento che riproduciamo riporta le dichiarazioni di alcuni esponenti del governo francese. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 40-41.
In difesa delle nazioni oppresse Dopo la rivoluzione del febbraio 1848, il governo repubblicano francese si schierò apertamente con i liberali italiani proclamando decaduti i trattati del 1815 e dichiarandosi pronto a «prendere le armi per proteggere questi movimenti legittimi di svolgimento e di nazionalità dei popoli». Il documento che segue è tratto dalla circolare del ministro degli Esteri Alphonse Lamartine agli agenti diplomatici francesi. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 56-57.
Di seguito il documento che ridelinea la politica estera elaborata dal ministro francese Lamartine per quel che riguarda la penisola italiana. Scevra da ogni richiamo politico e ideale con il movimento liberale, la strategia francese mirava, in primo luogo, a limitare il peso della potenza austriaca sull'Italia e, in secondo luogo, ad accrescere l'influenza francese su Piemonte, Toscana, Roma e Napoli. La Francia «per diritto di contiguità, e per cura della propria sicurezza e della sua legittima influenza» scrive Lamartine «deve scendere in Piemonte per una mediazione armata». In questo modo, «l'emancipazione dell'Italia» sarebbe nata sotto «il patronato collettivo della Francia e dell'Inghilterra». Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 59-60.
La questione italiana al Congresso di Parigi Dopo la guerra di Crimea, il Regno sabaudo, che era stato escluso dal convegno di Vienna del 1855 e dalla discussione dei preliminari di pace avvenuta a Costantinopoli nel gennaio 1856, viene ammesso a partecipare al Congresso di Parigi, che si svolse tra il 25 febbraio e il 30 maggio 1856. Nella seduta dell'8 aprile il ministro degli Esteri francese, conte Alessandro Walewski, per ordine di Napoleone III, parlò della questione italiana suscitando una vivace discussione. Riproduciamo un estratto delle dichiarazioni di Walewski, di Lord Clarendon, di Cavour e del conte Buol. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 82-85.
Il documento che segue è tratto dalla Convenzione segreta di Plombières siglata, nel gennaio del 1859, tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III. L'elaborazione del testo, lunga e faticosa, richiese molti mesi di lavoro nonostante gli accordi stipulati già nel luglio del 1858. Il progetto compilato da Cavour nell'ottobre del 1858 fu notevolmente modificato fino ad assumere questa forma definitiva. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 106-107.
Di seguito il testo dell'armistizio di Villafranca, stipulato tra Austria e Francia l'11 luglio del 1859, che segna la fine della seconda guerra d'indipendenza. I termini dell'armistizio prevedevano che la Lombardia sarebbe stata ceduta dall'Impero asburgico a quello francese che a sua volta l'avrebbe rimessa al Regno di Sardegna. Inoltre, anche se i sovrani degli Stati dell'Italia centrale fossero tornati sui loro troni, si sarebbe favorita la creazione di una confederazione italiana con tutti gli Stati della penisola, compresa la Lombardia, sotto la presidenza del papa. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 116-117.
Il documento illustra il progetto di Confederazione italiana presentato, nell'agosto del 1859, dal governo francese a quello sabaudo. In appendice, le osservazioni del ministro degli Esteri Vittorio Emanuele Dabormida, scritte all'ambasciatore sardo a Parigi, riflettono le perplessità per un simile progetto federale che, di fatto, avrebbe finito per accrescere, invece di diminuire, l'influenza austriaca sulla penisola. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 117-119.
Il trattato di pace tra l'Austria e la Francia è uno dei tre atti che furono firmati a Zurigo il 10 novembre 1859. Oltre a questo documento, infatti, venne siglato il trattato di pace tra la Sardegna e l'Austria e il trattato di pace tra la Sardegna, la Francia e l'Austria per consegnare in un atto comune le cessioni territoriali. La pace di Zurigo riproduceva sostanzialmente gli accordi di Villafranca, tuttavia la nuova situazione politica, a seguito delle insurrezioni negli Stati dell'Italia centrale e delle successive annessioni al Regno sabaudo, aveva, di fatto, già superato le stipulazioni previste dal trattato. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 119-120.
Nella lettera che inviò a Pio IX il 31 dicembre del 1859 in risposta a quella del Pontefice del 2 dicembre, Napoleone III, nonostante rimarcasse l'assoluta lealtà e «devozione alla Santa Sede», invitò il Santo Padre a rinunciare, «per la tranquillità dell'Europa», ai territori della Legazioni pontificie che ormai «da cinquant'anni suscitano tanti imbarazzi al Suo Governo». Questa lettera, insieme alla pubblicazione dell'opuscolo Le Pape et le Congrès, segna un cambiamento di rotta della politica estera di Napoleone III che si dichiarò favorevole alle annessioni degli Stati dell'Italia centrale al Regno sabaudo, in cambio di Nizza e della Savoia, e al ridimensionamento territoriale dello Stato della Chiesa. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 122-123.
La notte del 5 maggio 1860, dallo scoglio di Quarto presso Genova, i volontari garibaldini si imbarcarono sui due vapori Il Lombardo e Il Piemonte alla volta della Sicilia dando inizio, in questo modo, alla “spedizione dei Mille” che si concluderà, nel settembre del 1860, con l'annessione dei territori del Regno delle Due Sicilie al Regno sabaudo. Il documento che riproduciamo è un estratto della nota di «riprovazione» che il 7 maggio 1860 l'ambasciatore di Francia a Torino, Talleyrand, spedisce a Cavour sulla partenza dei volontari «reclutati apertamente in tutte le grandi città del Regno» e «imbarcati impunemente a Genova» con un intento ostile contro il Regno delle Due Sicilie «che non è in guerra con alcuna potenza europea». Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, p. 134.
Napoleone III riconosce il Regno d'Italia Nella lettera che Napoleone III inviò a Vittorio Emanuele II il 12 luglio 1861 dopo il riconoscimento del Regno d'Italia avvenuto il 15 giugno, l'imperatore francese, pur mostrandosi vicino alla causa nazionale italiana, affermò che avrebbe lasciato le sue truppe a Roma finché il «Papa sarà minacciato» di essere invaso da «una forza regolare od irregolare». Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 145-146.
I documenti che riproduciamo sono la Convenzione di settembre, stipulata il 15 settembre 1864, il Protocollo seguente e il Dispaccio del ministro degli Esteri francese, Drouyn de Lhuys, all'ambasciatore francese a Torino, Barone de Macaret, sull'interpretazione da dare alla Convenzione. Il testo della Convenzione fissava un termine di 2 anni per lo sgombero delle truppe francesi e imponeva il trasferimento della capitale da Torino ad altra sede, senza specificarne la destinazione. Il ministro degli Esteri francese chiariva, però, che la «traslazione della Capitale» non era una «tappa verso Roma» e che «Roma non potrà essere unita all'Italia» senza il consenso della Francia. Antologia storico-diplomatica, a cura di E. Anchieri, Varese, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 1941, pp. 156-158. |