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(dal Poema autobiografico) Sulle tue cime di granito, io sento Di libertade l'aura, e non nel fondo Corruttor delle Reggie, o mia selvaggia Solitaria Caprera. I tuoi cespugli Sono il mio parco, e l'imponente masso Dammi stanza sicura ed inadorna, Ma non infetta da servili. I pochi Abitatori tuoi ruvidi sono, Come le roccie che ti fan corona, È come quelle alteri ed isdegnosi Di piegar il ginocchio. Il sol concento S'ode della bufera in questo asilo, Ove né schiavo né tiranno alberga. Orrido è il tuo sentier, ma sulla via Dell'insolente cortigiano il cocchio Non mi calpesta, e l'incontaminata Fronte del fango suo vil non mi spruzza. lo l'Infinito qui contemplo, scevro Dalla menzogna, ed allor quando l'occhio Mi si profonda nello spazio, a Lui Che il seminò di Mondi un santuario Erger sento nell'anima: scintilla Vicinissima al nulla, ma pur parte Di quel tutto supremo. Oh! si, di Dio, Si! particella dell'Eterno sei, Anima del proscritto! |