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di Goffredo Mameli
Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa
Dov'è la vittoria?!
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi
Perché non siam Popolo
Perché siam divisi
Raccolgaci un'Unica
Bandiera una Speme
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Uniamoci, amiamoci
L'unione e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far Libero
Il suolo natio
Uniti, per Dio,
Chi vincer ci può!?
Stringiamci a coorte,
Siam pronti alla morte,
L'Italia chiamò.
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Son giunchi che piegano
Le spade vendute
A l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d'Italia
Bevé col cosacco
Il sangue Polacco
Ma il cor le bruciò
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
di Carlo Bosi
Non pianger, mio tesoro,
forse ritornerò;
ma se in battaglia io muoro
in cel t'aspetterò.
La spada, le pistole,
lo schioppo l'ho con me;
all'apparir del sole
io partirò da te.
Il sacco preparato
sull'omero mi sta;
son uomo, e son soldato;
viva la libertà!
Non è fraterna guerra
la guerra ch'io farò;
dall'italiana terra
lo stranio caccerò.
L'antica tirannia
grava l'Italia ancor,
io vado in Lombardia
incontro all'oppressor.
Saran tremende l'ire,
grande il morir sarà!
Si muora, è un bel morire
morir per libertà!
Tra quanti moriranno
forse ancor io morrò;
non ti pigliare affanno...
da vile non cadrò.
Se più del tuo diletto
tu non udrai parlar,
perito di moschetto,
per lui non sospirar.
No, tu non resti sola,
ti resta un figlio ancor;
nel figlio ti consola,
nel figlio dell'amor:
suonò la tromba, addio,
l'armata se ne va;
un bacio al figlio mio;
viva la libertà!
di Giuseppe Garibaldi
(dal Poema autobiografico)
Sulle tue cime di granito, io sento
Di libertade l'aura, e non nel fondo
Corruttor delle Reggie, o mia selvaggia
Solitaria Caprera. I tuoi cespugli
Sono il mio parco, e l'imponente masso
Dammi stanza sicura ed inadorna,
Ma non infetta da servili. I pochi
Abitatori tuoi ruvidi sono,
Come le roccie che ti fan corona,
È come quelle alteri ed isdegnosi
Di piegar il ginocchio. Il sol concento
S'ode della bufera in questo asilo,
Ove né schiavo né tiranno alberga.
Orrido è il tuo sentier, ma sulla via
Dell'insolente cortigiano il cocchio
Non mi calpesta, e l'incontaminata
Fronte del fango suo vil non mi spruzza.
lo l'Infinito qui contemplo, scevro
Dalla menzogna, ed allor quando l'occhio
Mi si profonda nello spazio, a Lui
Che il seminò di Mondi un santuario
Erger sento nell'anima: scintilla
Vicinissima al nulla, ma pur parte
Di quel tutto supremo. Oh! si, di Dio,
Si! particella dell'Eterno sei,
Anima del proscritto!
di Anonimo
Ferdinando
-Eh, Del Carretto,
te l'aggio detto?
Cotesto Papa
testa di rapa ci dà a pensare.
Del Carretto
- Lasciando fare.
Ferdinando
- Ma intanto io scredito
e mi dan debito
d'essere in guerra
col Dio in terra.
L'ho a digerire?
Del Carretto
- Lasciamli dire.
Ferdinando
Dunque desidera
il Lazzarone
come la Francia...
DelCarretto
- Costituzione.
Ferdinando
Oh mio grand'avo;
quegli era bravo!
Promesse e feste,
poi palchi e teste.
Felici tempi!
Del Carretto
Seguiam gli esempi.
Giustizia facciasi
queta e laconica;
la scuola, o Sire,
non è borbonica?
Ferdinando
- Non si precipiti;
pensiamo prima:
che dice Metternich?
Del Carretto
- Si rode e lima:
il sonno infestangli,
gli dan mestizia
tanti scannati
della Gallizia;
non ha conforto
nell'orazione,
e il Papa turbagli
la digestione.
Ferdinando
E Nicolao
come la intende?
Del Carretto
- Pensa del Caucaso alle vicende
e alla Polonia che estinta vuole.
Ferdinando
- Non l'ha distrutta?
Del Carretto
- No ancor.
Ferdinando
- Men duole. A Leopoldo
scrissi i perigli.
Del Carretto
- Che disse, o Sire?
Ferdinando
- Che ha a far coi figli;
che il terremoto
l'ha imbarazzato;
l'affar di Rienzi
l'ha diffamato;
che Vienna annoialo
perché vorria
meno velata
la tirannia;
che il bon Toscano
si guida a spasso
con frusta in mano:
che si contentano
i fiorentini
quando han spettacoli,
donne e quattrini;
che il suo consiglio
trabocca e intoppa.
Del Carretto
-Egli è un granduca
proprio di stoppa!
Il bravo Estense,
quegli tien duro!
Sta là recinto
come da un muro:
non vuol corrieri,
non vuol vapore,
né alcun rumore.
Ferdinando
-Maria Luisa?
Del Carretto
-Non conta un'acca:
egli d'Italia
si fa campione.
Ferdinando
- Sei pur coglione!
Io cosi semplice
noi credo certo,
né è simil tattica
nuova in Alberto.
Del mio grand'avolo
ei fu alla scuola,
e sa che un principe
non tien parola.
Ei nel ventuno
ordì congiure,
promise pure
Statuti e Camere
per farsi re;
poi nel trentuno
mutando vita,
si fe' gesuita,
e alzò patiboli
nel trentatré.
Il Don Chisciotte
sol fa per gioco:
vedrai fra poco
ch'è sempre un lazzaro
al par di me.
Ma intanto Pio
mi dà gran tedio,
ed un rimedio
sicuro e facile
trovar conviene...
Del Carretto
-Se non fosse unto
del crisma santo
ci vorria tanto?
Ferdinando
-Nessun ci sente,
parla, di' su.
Del Carretto
-Del vin di Borgia
non ve n'è più?
Ferdinando
-Ma tu sei peggio
del tentatore...
Del Carretto
-Allor ne parli
col Confessore.
Ferdinando
Giunge a proposito.
Ciambellano.
-Vien, Monsignore.
Gesuita
-Se tardi al cenno
qui giungo, o Sire,
gran cose arreco.
Ferdinando
-Stiamo ad udire.
Gesuita
-Quel Pio che ascendere
osò sul trono
senza che Metternich
gliel desse in dono,
quel che si eresse
l'antagonista
del gran Gregorio,
crebbe la lista
della massonica
fatai genia
coll'amnistia
che pubblicò.
E ciò che aumenta
di molto il male
è il vero giubilo
universale.
Qual tristo giorno,
Sire, preparasi
pei re, per l'ordine,
d'oltraggio e scorno!
Ferdinando
-Il di preparasi
della vendetta.
Gesuita
-Vendetta? Oh, Sire,
Qual grave errore!
A Dio s'aspetta.
Del Carretto (da sé).
-(Frate impostore!)
Ferdinando
-Qui Del Carretto
parlare osava
di certo vino,
ma non pensava...
Gesuita
-Oh un papicidio!
L'affare è serio
(non però novo):
certo che i monaci
lodan l'azione
allorché trattasi
di religione,
ma non contemplano
che i soli re.
Ferdinando
-Contro i pontefici
modo non v'è?
Gesuita
-Non è il pontefice
che mi dà pena,
sono i fratelli
ch'entrano in scena.
Ferdinando
-Che ci hanno a fare
i preti e i monaci
in un affare
d'alta politica,
ch'è de' sovrani
opra e consiglio?
Gesuita
-V'è un gran periglio,
perché i Romani,
sol che una colica
venisse a Pio,
d'Ignazio l'Ordine,
affé di Dio,
tutto farebbero
a brani a brani.
Ergo non lice,
o Maestà,
porre in pericolo
la Società.
Ferdinando
-Dunque proponga
sua reverenza
ciò che far devesi.
Gesuita
-Credo in coscienza
che il miglior modo,
almen per ora,
sia d'impiegare
non già il veleno,
ma sorde pratiche
colle eminenze,
coi confessori,
colle eccellenze,
acciò si oppongano
in mille forme
alle sataniche
nuove riforme;
acciò non cessino
di far del male
a chi conoscono
per liberale;
acciò mantengano,
non l'amicizia,
ma la zizzania
fra la milizia.
Ovunque spargasi
che il Santo Padre
gli ha canzonati,
facendo credere
ch'egli ha promesso
ciò ch'eseguire
non gli è concesso:
facendo nascere
conflitti e gare
acciò gli svizzeri
debban restare,
e intanto esortinsi
l'Austria e le Corti
perché non cedano,
rimangan forti,
e perché suonino,
all'occasione,
il gran vocabolo
d'intervenzione.
Saprà poi l'Ordine
con modi santi
nelle sinderesi
degl'ignoranti
stillar la facile
persuasione
che il Papa è eretico
e framassone.
Cosi si pratica
proprio a pennello
il saggio divide
di Machiavello -.
Ministro e Principe
ai savi detti
Amen rispósero
Battendo i petti
e il resultato
del pio congresso
spediro a Metternich
con un espresso
di Ottavio Tasca
Quando mi star piccolino
mi taliano aver studiato,
perché sempre aver sperato
per l'Italia de marciar.
Or che tutto aver veduto
scriver bella canzonetta
per mandare con staffetta
mia famiglia a consolar.
Mi partito de Croazia
e lasciar baracca mia,
perché dir che in Lombardia
trinca, magna e non pagar.
E se pianger per mia fraula,
per miei figli e mio porcello,
sempre dir mio colonnello:
gran cucagna qua trovar.
Qua trovar più belle fraule
come quelle de Croazia,
che pregare mi per grazia
de giocar per tric-e -trac.
Dato abbraccio a mia famiglia,
(fraula, figli, porco e vacca),
mi partir da mia baracca
per rubare e fare amor.
Quante cosse aver veduto
per Italia in ogni tappa!
Star balorda ancor mia crappa
per gran cosse che veder.
- Dir che tutti star taliani
porci e vili per natura;
Milanesi gran paura
de' fucili e de' cannon.
Ma gridar mio comandante:
- Stare allegri! Niente bada!
De Radetzky star gran spada
contro popolo poltron.
Ma se mi far complimento,
come fare innamorato,
tutte dir: - Porco Croato,
ti star brutto e aver fetor.
Ti star negro, ti star ladro,
ti più sporco de porcello -.
E aver dit mio colonnello
che in Italia far furor!
Se mi dir in osteria
de suonar a musicanti,
mi risponder quei birbanti:
- Per tua grinta6 non sonar.
A sonar ti va all'inferno
con ciappino tuo fratello
E aver dit mio colonnello
che in Italia gran sonar!
Finalmente vien de marzo,
gran birbon, giorno diciotto,
salta fora gran complotto
contro nostro Imperator.
Tutta gente per Broletto,
ma Radetzky maresciallo
viene fora con cavallo
e con suo Stato maggior.
Grida a truppa: - Addosso! Addosso!
Milanesi star poltroni!
Milanesi aver bastoni,
noi cannoni in quantità.
Noi star qua sedicimila,
star per noi buona giustizia;
e voler come in Gallizia
far gran strage e crudeltà -.
Noi tirar gran schioppettate
contro popol; ma non scappa;
viene avanti, e in furia strappa
nostri schioppi e munizion.
Milanesi cominciava
con bastoni e con bacchette,
poi con nostre baionette
dava addosso a militar.
Cinque giorni far battaglia
Milanesi in ogni luogo;
lor tirare e stare al fogo,
noi tirare e poi scappar.
Fin ragazzi, fin donnette,
contro noi star arrabbiate,
e per far gran barricate
non mangiare, non dormir.
Milanesi se non basta,
Bergamaschi a folla intorno
contro noi star notte e giorno,
sbarrar sempre e non fallir.
Star Comaschi, star de Lecco,
de Brianza e Valtellina,
e tirar con carabina
per Croati massacrar.
E fra tante schioppettate,
come usar porca italiana,
far din don con sua campana
giorno e notte per città.
Ti per l'Austria far gran guerra
che ti tratta come schiava:
poveretta razza slava
quando ciel ti liberar? ...
Se tornare in mia Croazia,
là voler finir miei giorni;
che mi stufo e pieni i corni
per l'Italia e per Talian.
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