Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale (1861-1914)
Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale (1861-1914)
Seleziona una lettera:
0-9
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z
Gli articoli più visualizzati
geografia dell'Italia Cronologia
Italia prima e dopo l'Unità Garibaldi italia preunitaria Parole suoni ed immagini inno Giuseppe Mazzini I movimenti, i valori, i libri L'Italia negli anni del Risorgimento La memoria e le interpretazioni del Risorgimento Viaggi nel Risorgimento Cavour Antologia di poesie Sito ottimizzato
Sito ottimizzato per una risoluzione di 1024x768px o superiori.
|
1826 - 1903 Così un'altra celebre napoletana di una più giovane generazione, Adelaide Pignatelli, ricordava, dopo la morte, Teresa Filangieri, la più celebre filantropa napoletana del secondo Ottocento: «Schiava del tempo in cui visse, del paese in cui nacque, degl'impegni e dei preconcetti fra cui svolse la sua vita domestica [...] seppe girare tutti questi scogli per giungere ai purissimi suoi fini [...]. La schiavitù aguzza l'ingegno, v'insegna a tacere, a fortemente aspettare; a negoziarvi la libertà di parola contro la molto più importante libertà d'azione». Sotto la “bambagia” della deferenza con la quale si rivolgeva ai rappresentanti delle istituzioni per ottenere appoggi e autorizzazioni alle sue iniziative, si celava, ricorda ancora Adelaide, la forza dell'ironia: quei «frizzi birbantelli» che non risparmiava a chi tentava di soffocare nel ridicolo i suoi progetti. Nata a Napoli nel 1826, figlia del generale Carlo Filangieri e nipote del grande illuminista Gaetano, Teresa sposa nel 1847 il duca Vincenzo Ravaschieri Fieschi. La sua attività filantropica ha inizio a metà secolo, quando la giovane aristocratica frequenta i più prestigiosi salotti nobiliari della capitale borbonica, ed entra in contatto con filantrope influenzate dal movimento pietista, come Paolina Craven Laferonnays (moglie del diplomatico inglese August Craven) e le sue sorelle. In una prima fase, l'attività caritativa si unisce alla passione per il teatro amatoriale: il ricavo degli spettacoli allestiti da Teresa, Paolina e i loro amici viene destinato alla beneficenza. Anche i rapporti con i domestici e con le classi povere sono improntati al patronage: Teresa e Paolina raccolgono dalla strada ragazzi e ragazze cui insegnano a leggere e a scrivere, li educano nelle proprie case come domestici (pratica ricorrente nelle élite ottocentesche). Durante le loro villeggiature nel villaggio di Castagneto, le due amiche assistono i poveri locali. In seguito Teresa, insieme al medico Calabritto, intraprende il risanamento di quel piccolo paese. Dopo l'Unità, la filantropia di Teresa esce dai salotti e dalla sfera delle relazioni private per imporsi sulla scena cittadina e istituzionale. Negli anni ‘60 Leopoldo Rodinò la nomina ispettrice e patrona della scuola-convitto per fanciulle cieche fondata da Lady Strachan. Più tardi, il prefetto Mordini la incarica di condurre, con altre benefattrici, un'inchiesta sui reali educandati. Durante il colera del 1873, il Comitato organizzato per i soccorsi le affida l'organizzazione di cucine popolari gratuite. Nel 1879 inizia a lavorare al suo progetto più ambizioso, nel quale – col consenso del marito – impiega parte della sua dote: l'ospedale per malattie infantili intitolato al nome della figlia Lina scomparsa, appena adolescente, nel 1861. L'ospedale viene inaugurato nel 1880, grazie a finanziatori illustri, tra cui la coppia reale. Negli anni ‘70, Teresa presiede l'Opera di ricovero e di patrocinio o Gran patronato delle orfane e derelitte, approvata dalla Deputazione provinciale, e destinata ad «accogliere, istruire, avviare nell'arte e nei mestieri ed altresì proteggere nel collocamento» le orfane allevate in istituti di beneficenza, destinandole ad impieghi di maestre, telegrafiste, computiste, cameriere, operaie e cuoche. Per i ragazzi senza tetto, invece, contribuisce ad allestire un dormitorio. Nel 1884, a fianco delle Suore della carità, assiste le vittime del colera. Durante l'impresa etiopica, nell'età crispina, come dirigente della Croce rossa napoletana, accoglie e cura i reduci di Adua nella sua villa di Pozzuoli. Accanto all'attività pratica, Teresa non trascura la scrittura: da un lato quella volta a illustrare le istituzioni filantropiche napoletane, dall'altro, quella più intima, epistolare e biografica. Nel 1879 viene pubblicata la sua monumentale Storia della carità napoletana in quattro volumi, mentre nel 1892 una raccolta di lettere e memorie dedicata all'amica Paolina e alla sua famiglia fa luce sui sentimenti, i valori, lo stile di vita delle due celebri benefattrici. Nel 1903 in Come nacque il mio ospedale, racconta le vicende e la rete di relazioni attraverso cui divenne una figura di primo piano nella filantropia e nella società napoletane: tra i suoi amici figurano i più celebri filantropi napoletani del tempo, come Alfonso Casanova, Guido Palagi, Alfonso Capecelatro. È la sua ultima fatica: muore in quello stesso anno. Per quanto Teresa non entri direttamente nel dibattito politico del suo tempo, dalle sue scritture private esprime con chiarezza la sua concezione della filantropia come rimedio al diffondersi di idee rivoluzionarie: in particolare il «pestifero contagio delle dottrine Internazionali e Comuniste» sui giovani operai. Inorridita dalla lotta di classe, crede nella possibilità di ricomporla attraverso una pratica filantropica animata da valori cristiani entro un quadro politico liberale e moderato. L'aspetto più singolare della personalità di Teresa, tuttavia, è la sua capacità di affermarsi come presenza pubblica e istituzionale sulla scena cittadina, spianando la strada alle generazioni successive di donne. Scrive, ancora, la più giovane amica Adelaide: «Al suo tatto, al suo sentimento d'indipendenza dalle combriccole [...] si deve se oggi la donna, anche prima di chiamarsi femminista, ha potuto da noi entrare ad esercitar la beneficenza [...] ed abbia potuto dedicarsi alla propria cultura, senza incorrere nel sarcasmo altrui». Laura Guidi |