Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011)
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1899 - 1984
Maria Agamben nasce a l'Aquila il 19 settembre 1899. Dopo la laurea in lettere, insegna italiano e storia alle superiori, scrive testi scolastici e si occupa di giornalismo. A Roma, conosce Mario Federici, autore di opere teatrali e critico affermato, con cui si sposa nel 1926. Durante il fascismo, la coppia si trasferisce all'estero, dove Maria continua ad insegnare presso istituti italiani di cultura a Sofia, in Egitto e a Parigi. Rientrata a Roma nel 1939, la Federici si impegna nella Resistenza e, tra le altre cose, dopo l'8 settembre entra nell'associazione Piazza Bologna, che fornisce assistenza ai perseguitati politici. In questi anni, come delegata dell'UDACI (Unione donne dell'Azione cattolica), Maria organizza un piano di assistenza per le impiegate statali rimaste disoccupate. Nell'agosto 1944, eletta durante il congresso istitutivo, diviene la prima delegata femminile delle ACLI e, in questa veste, l'anno dopo organizza il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, un importante momento di confronto per le donne cattoliche. In seguito, nell'inverno 1944-1945, la Federici partecipa ai lavori per la fondazione del CIF (Centro Italiano Femminile), insieme a Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, e a Maria Rimoldi, presidente delle donne cattoliche. Se inizialmente, infatti, l'UDI (Unione Donne Italiane) vide la partecipazione anche delle cattoliche (già presenti, tra l'altro, nei Gruppi di Difesa della Donna), ben presto, però, si sentì l'esigenza di costituire un organismo separato. Pur nella comune opposizione alla dittatura e nella condivisa necessità di emancipazione, infatti, serpeggiava il dubbio che un'organizzazione femminile unitaria, presentasse qualche problema (nel luglio 1945, proprio la Federici precisava: “solo le cattoliche sono per l'accresciuta autorità della famiglia” e, di conseguenza, “contro il divorzio”). Nasce così il CIF, federazione di associazioni, istituzioni ed enti femminili di ispirazione cristiana. Sin dall'inizio, l'invito viene esteso a tutte le donne che, in forza del loro credo, sentono il dovere di contribuire alle finalità che il CIF si propone, e cioè “indirizzare la donna italiana verso un sano femminismo”, guidarla e sostenerla nell'affermazione e tutela della sua personalità e della sua missione materna, prepararla ed aiutarla nella conquista dei diritti civili e politici. Maria ne è la prima presidente nazionale (carica che ricopre fino al 1950), impegnandosi in particolare per fornire assistenza all'infanzia e all'adolescenza (attraverso asili, scuole, refettori), nonché aiuti a emigranti, sfollati e reduci. Candidata della Dc al collegio unico nazionale per la Costituente, durante la campagna elettorale, la Federici denuncia più volte “la disapprovazione, il divieto, l'intollerabilità dell'uomo” nei confronti della piena cittadinanza femminile, “una coercizione della coscienza che poggia sul principio di autorità per cui non è immaginabile che una donna possa, sia pure per un istante, affermare o esprimere con il voto una tendenza in contrasto con quella dell'uomo di casa, marito, fratello o padre che sia. Si tratterebbe di una minuscola bomba atomica scagliata contro l'unità domestica”. Il 2 giugno 1946, Maria viene eletta alla Costituente, entrando poi a far parte della Commissione dei Settantacinque. Presso l'archivio del CIF a Roma è conservato il telegramma che ella scrisse il 20 luglio 1946 a Montini (allora Segretario di Stato), informandolo della sua nomina. “Mi permetto di portare a conoscenza dell'E.V. che sono stata chiamata a far parte della Commissione per l'elaborazione del progetto della Costituzione, nominata dal Presidente dell'Assemblea costituente”. Molto attiva durante i lavori, Maria fa anche parte della III Sottocommissione sui diritti e doveri economico-sociali, presentando una relazione sulle garanzie necessarie alla famiglia, in cui sostiene che lo Stato deve impegnarsi a eliminare gli ostacoli economici che impediscono ai cittadini di sposarsi. Nello stesso tempo, discutendo di diritto di proprietà e impresa economica, sostiene la necessità di una riforma agraria che promuova l'elevazione morale e materiale dei ceti contadini, mentre durante la discussione sul futuro titolo III (rapporti economici), pretende che si espliciti come le condizioni di lavoro debbano permettere alla donna lo svolgimento della sua funzione familiare e materna. Discutendo sui rapporti politici (titolo IV), si batte per evitare che la donna sia relegata in settori limitati, che le precludano uffici pubblici e cariche elettive, ribadendo più volte (ma inutilmente) il suo diritto di accedere alla magistratura. Un impegno, dunque, sempre volto a tutelare e a difendere le future cittadine italiane. Nel 1947, la Federici fonda l'ANFE (Associazione nazionale famiglie emigrati), di cui sarà presidente fino al 1981. Rieletta alla Camera l'anno dopo, membro di diverse commissioni, è la relatrice del disegno di legge sulla “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri” che diverrà la famosa legge n. 860 del 1950. Proprio in questo anno, insieme con Lina Merlin, Angela Guidi Cingolani e Maria De Unterrichter Jervolino, Maria fonda il CIDD (Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna), che, in un primo momento, opera come lobby cattolica per l'approvazione della proposta Merlin sulla chiusura delle case chiuse. Raggiunto tale risultato, il CIDD si fa carico delle donne che vogliono abbandonare la prostituzione, aiutandole nel reinserimento sociale. Maria dedica gli ultimi anni soprattutto all'impegno assistenziale e culturale nell'ambito dell'ANFE, interessandosi ai problemi delle donne italiane nei paesi di emigrazione, all'adempimento dell'obbligo scolastico per gli emigranti all'estero, nonché al mantenimento dei loro contatti con il paese di origine, per favorirne in qualsiasi momento il rientro. Giulia Galeotti |