Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011)
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1941 - 1992
In quel ½ punto c'è tutta la sua storia. Una storia fatta di partenze e traguardi spesso fusi e confusi tra loro. E di un primato. Era il 27 aprile del 1975 quando Lella Lombardi, su vettura March, iscrisse per sempre il suo nome nella storia della Formula 1. Quel giorno si correva il Gran Premio di Spagna, quarta prova di un Mondiale che si aggiudicherà Niki Lauda su Ferrari, una gara che alcuni piloti scelsero di non portare avanti, partecipando solo alla partenza. «Circuito troppo pericoloso», sentenziarono alla vigilia, e la valutazione, purtroppo, si rivelerà fatale. Verso la metà della gara la Hill di Rolf Stommelen vola sul pubblico, muoiono quattro spettatori. I giudici decidono di sospendere la competizione e di assegnare i punti in base alla classifica di quel momento. La Lombardi è sesta, ma la corsa non è stata completata e il bottino dei piloti deve essere dimezzato. Nasce così quel ½ punto, crocevia di una carriera e snodo, congestionato, di emozioni non sempre in linea tra loro. Il giorno più importante della sua vita sportiva segnato dalla morte, l'entusiasmo più incandescente con gelato dagli eventi. Con il senno di poi quel momento deve essere stato letto come un sacrificio molto grande, ma allora, subito dopo la gara, sicuramente non fu così. Forte di quel primato ibernato, Lella deve aver solo pensato che altre gare ci sarebbero state e con esse altri punti, magari non tantissimi, a trascinare, come piccole locomotive, anche quel ½ solitario. Ma le cose andarono diversamente. Lella “la giovane”, così la chiamava Arturo Merzario, corse in Formula 1 per poco più di due stagioni (1975 – 1976) qualificandosi 13 volte su 17 e sfiorando anche “il piazzamento” con un settimo posto in Germania, sull'insidioso Nurburgring, ma punti non ne fece più. Così come nessuna donna prima e dopo di lei. Quell'uscita dai circuiti di prima categoria, sembrò lasciare indifferente l'ambiente, ma qualcuno, trent'anni dopo, rivelerà che la verità fu un'altra. Tra i piloti, nessuno escluso, si diffuse una sensazione di sollievo. Per molti di loro la Lombardi non rappresentava un pericolo per la classifica, ma per l'orgoglio. Finire, in gara o in prova, alle spalle di Lella, una “donna”, era motivo di imbarazzo, e la cosa, purtroppo, era già successa. Così, con il suo abbandono, per bravi e meno bravi l'onore fu salvo. Lasciato l'Olimpo dell'automobilismo la Lombardi tornò alle cosiddette “ruote coperte”. Nell'81 fu quinta nel Campionato del Mondo Endurance per piloti, ma ancora prima, gareggiando con vetture Sport, vinse la Coppa Florio a Pergusa (con Enrico Grimaldi) e la 6 Ore di Vallelunga e la 6 Ore del Mugello in coppia con Giorgio Francia. «Non era velocissima – ricorda Francia – ma partiva e arrivava. La sua guida era molto precisa e difficilmente sbagliava. Aveva la tecnica di chi, innanzitutto, preserva la macchina, sfruttandola al meglio, senza strapazzarla. Sapeva benissimo che non si vinceva se non si arrivava. E lei voleva vincere». Nei tanti anni trascorsi al volante, dopo la Formula 1, la Lombardi non fece mai cenno a quel periodo. Come ha raccontato ancora Francia, quella è un'esperienza della quale «i piloti non amano parlare». Quando si «ritorna» dalla Formula 1 «vuol dire che qualcosa non ha funzionato» e a dominare i sentimenti è l'amarezza. Per combatterla la Lombardi adottò il suo metodo: pigiò l'acceleratore e strinse il volante tra le mani. Ma questo, in qualche momento non deve esserle bastato. Quell'amarezza del “ritorno” deve essersi annidata in un angolo dei suoi pensieri portandola a rivolgersi con il silenzio a quel mondo che aveva sfiorato, del quale era stata a suo modo protagonista e da cui, con una signorile stretta di mano, aveva dovuto congedarsi. Un mondo che non ha mai ricambiato quella porzione di pensieri e, come racconta ancora Merzario, «non la celebrò come avrebbe dovuto». Quando nel ‘92 un cancro la portò via, a soli 51 anni, quel suo silenzio nulla poté contro il rumore assordante dell'ambiente dei motori. Fu come se quel suo veloce transito non avesse lasciato né ricordo, né traccia. Del resto, in quel periodo, scrive Cesare Fiumi, le storie femminili erano «eccezioni infilate negli interstizi di uno sport tutto maschile» e l'Automobilismo certo non si sottraeva alla regola. Nessuno, in quegli anni, si soffermò sul cammino di quella donna, caparbia e riservata, per ripercorrerne la vera storia. Nessuno provò a scomporre ed interpretare le tappe della sua vita, non solo sportiva. Eppure chiunque, osservando la società di allora, avrebbe capito che nel 1975, in un'Italia declinata al maschile, una donna non arrivava in Formula 1 per caso, ma per volontà, passione e capacità, soprattutto quella di lottare. Maria Grazia Lombardi, questo era il suo vero nome, nata nel 1941 a Frugarolo, duemila anime in provincia di Alessandria, a nove anni guidava perfettamente. A 18, per esercitarsi, saliva e scendeva dalle montagne con un furgone portando in Riviera la carne della macelleria di famiglia. Ma tecnica di guida e carni dovettero risultarle un binomio stravagante e allora, per farsi le ossa, sostituì il furgone con il kart innescando un circolo vizioso. L'amore per i motori alimentò la sua tecnica e viceversa e nel 1965 già correva nella Formula Monza con una macchina comprata a rate. Prima di classificarsi quinta, nel ‘74, nella F5000, che la proiettò poi in Formula 1, nel ‘70 Lella si aggiudicò il Titolo Assoluto in F850, arrivando seconda l'anno successivo, e nel ‘73 vinse il Campionato Italiano in Formula Ford Messico. Quando nel 1988 la malattia la avvertì che il tempo delle gare era finito, volle guardare più avanti del suo traguardo e fondò insieme a Bruno Remondi, storico preparatore delle sue vetture, la “Lella Lombardi Autosport”. Un team con il suo nome, il nome di una donna, che potesse partire da dove lei si sarebbe fermata, dando continuità a quell'amore per i motori che era stato la trazione di tutta la sua vita. «Fatemi continuare a vivere nelle corse», fu il sogno che affidò ai suoi amici più cari. Un sogno realizzato, perchè da allora, da quel 3 marzo del ‘92, il nome di Lella Lombardi continua a girare, proprio come lei desiderava, e macinando chilometri e asfalto racconta quella storia fatta di partenze e traguardi. E di un primato. Valeria D'Onofrio |